Inevitabile, logico, ma pur sempre a effetto: è l’addio definitivo e totale di Fiat al sindacato. Tutto con una lettera in cui si disdicono dal 1° gennaio 2012 gli accordi sindacali. Siamo all’estensione e all’estremizzazione del “Modello Pomigliano”: lo stabilimento napoletano diventa l’esempio per ogni fabbrica in Italia.
La missiva, indirizzata alle parti sociali, porta la firma di Giorgio Giva, direttore delle Relazioni industriali del Gruppo Fiat. Comunque, il Lingotto è pur sempre disponibile a promuovere incontri per finalizzare e valutare le conseguenze del recesso: c’è la predisposizione a nuove intese collettive con tutte le sigle sindacali. Adesso, entro il 31 dicembre 2011, va fatto e sottoscritto il contratto auto.
Ma perché si parla di “Modello Pomigliano d’Arco”? Perché quello è stato il primo stabilimento a firmare il nuovo contratto imposto da Fiat: l’accettazione da parte dei 5.000 lavoratori è avvenuta tramite un referendum. Come voleva l’amministratore delegato, Sergio Marchionne. E qui si farà la Panda futura.
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Lo schema prevede 18 turni a settimana per 40 ore; la settimana di sei giorni lavorativi con riposo a “scorrimento” (alternativa, una settimana di sei giorni lavorativi e una settimana di quattro giorni). Straordinario obbligatorio: Fiat punta a un aumento di 80 ore annue procapite in aggiunta alle 40. Ma un altro punto determinate del “Modello Pomigliano” riguarda le malattie: una stretta in occasione di particolari eventi non riconducibili a forme epidemiologiche.
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D’altronde, i paragoni fra le fabbriche italiane ad alto assenteismo e quelle estere (vedi Tychy, Polonia), con produttività elevata, davano sempre i nostri stabilimenti per perdenti.
Il sindacato Fiom però non ci sta: già respinge il “Modello Pomigliano” e parla di attacco all’articolo 41 della Costituzione nel nome della piena libertà d’impresa, oltre che di affronto allo Statuto dei lavoratori e al Contratto nazionale (Ccnl). Si annuncia un fine anno molto caldo.