Come ogni anno, il primo gennaio ci si ritrova a dover fare i conti con gli aumenti dei prezzi delle autostrade, calcolati usando una formula matematica per cui ogni anno le società di gestione delle autostrade italiane riescono a ottenere incrementi tariffari che vanno ben oltre il recupero dell’inflazione.
Gli aumenti medi concessi dal ministero delle Infrastrutture sono stati del 3,9%, contro una richiesta da parte delle società concessionarie del 4,8%, come evidenziato anche dai ministri Lupi e Saccomanni (Infrastrutture e Sviluppo economico), come una “riduzione fatta in considerazione della perdurante crisi economica”. La formula matematica usata per calcolare gli aumenti tiene conto di parametri come gli investimenti effettuati, i volumi di traffico (in calo) e la qualità del servizio (in particolare, l’incidentalità), ma che alla fine porta benefici solo alle società di gestione.
“Per colpa” degli arrotondamenti e del recupero di mancati incrementi passati, sulle singole tratte le percentuali di crescita dei pedaggi sono spesso molto più elevate: ad esempio si va dal 15% della Torino-Aosta al 12,9% della Venezia-Trieste, dal 13,5% del Passante di Mestre al 7,2% dell’Asti-Cuneo. Da Venezia a Padova l’incremento è addirittura del 400%, con un pedaggio che passa da 0,70 a 3 euro. Sono invece inferiori rispetto alla media nazionale i rincari sull’Autofiori (+3,7%), la Torino-Savona (+2,24%) e la Tangenziale di Napoli (+3,59%).
Non è un caso che moltissime istituzioni invochino da tempo un deciso intervento della neonata Autorità dei trasporti, che metta mano una volta per tutte a questo perverso meccanismo degli incrementi tariffari annuali, per evitare ogni anno aumenti del genere.